Per contrastare la penuria di vaccini anti covid, diversi Paesi stanno valutando l’ipotesi di allargare l’intervallo tra la prima iniezione e il richiamo (previsto a tre-quattro settimane dalla prima) per raggiungere con la dose iniziale un maggior numero di persone, tenuto conto che il livello di protezione indotto dalla prima dose del vaccino è comunque molto alto. Sulla questione si sta dibattendo molto e la comunità scientifica è divisa. In Italia prevale comunque la linea del “no”. La maggior parte degli scienziati italiani invitano infatti a considerare i rischi che potrebbero derivare da indicazioni non contenute nei protocolli. Non si può prescindere dal fatto che i vaccini a disposizione, cioè quelli di Pfizer e Moderna, sono stati approvati sulla base di uno schema preciso, che prevede due somministrazioni a distanza di 21-28 giorni l’una dall’altra. Allungare l’intervallo di somministrazione fra la prima e la seconda dose potrebbe essere un errore. Non abbiamo idea delle conseguenze che possono portare delle modifiche di un protocollo, anche perché se si suscitasse un’immunità incompleta si potrebbe favorire l’emergere di una variante virale in grado di sfuggire al vaccino. E’ quindi giusto rispettare quanto dimostrato finora, per evitare di pregiudicare il risultato. L’Italia non deve tra l’altro temere, perché entro giugno dovremmo avere fiale di vaccino a sufficienza.
VACCINO ANTI-COVID: DISTANZIARE LE DUE DOSI PER VACCINARE CON LA PRIMA PIU’ PERSONE? IN ITALIA PREVALE LA LINEA DEL NO
Le categorie maggiormente a rischio